L’Intelligenza Artificiale al Servizio dell’Interpretazione del Patrimonio
Una confessione (e una domanda)
Lo ammetto: sono un’Interprete del Patrimonio che lavora con quelli che Freeman Tilden – il padre fondatore della disciplina – avrebbe probabilmente chiamato, con una punta di disprezzo, gadget.
Nel suo libro Interpreting Our Heritage, Tilden scriveva:
“Personal interpretation is always more moving than the best of technological devices. Yet even the mechanical devices, if they are well conceived, have their values and may be indispensable in some situations.”
Insomma: meglio un interprete in carne e ossa, certo. Ma se non c’è, allora ben vengano anche i dispositivi tecnologici – purché siano ben progettati. È un’affermazione che, nonostante i suoi 72 anni, suona incredibilmente attuale! Anche, o forse soprattutto, quando si tratta di intelligenza artificiale (AI)…
Ancora percepita come qualcosa di misterioso, distante, riservato agli esperti, la verità è che l’AI è già ovunque, anche se non sempre ce ne rendiamo conto. Gestisce i suggerimenti dei motori di ricerca, ci aiuta a tradurre testi, filtra le email, decide quali contenuti vediamo sui social, ottimizza percorsi di viaggio o acquisti online. È già parte del nostro quotidiano, anche quando crediamo di tenerla a distanza.
E allora la domanda che dovremmo tutti porci non è tanto se usarla, ma come farlo in modo consapevole, critico, e – soprattutto – utile. Come Interpreti del Patrimonio poi, non possiamo fare a meno di chiederci se e come l’intelligenza artificiale possa concretamente contribuire a rendere l’incontro con il patrimonio più coinvolgente, accessibile e significativo…
Un nuovo alleato per un’eredità condivisa
Nel nostro approccio all’Interpretazione – come ricordato in più articoli di questo sito – poniamo al centro l’esperienza, il dialogo, la relazione tra persone e luoghi. L’obiettivo non è semplicemente “informare”, ma “provocare, collegare, rivelare” (riprendendo Freeman Tilden), stimolando riflessioni personali e senso di appartenenza.
In questo contesto, l’AI non è un fine, ma uno strumento che può potenziare proprio questi processi. Può aiutare a creare percorsi personalizzati, facilitare l’accesso a contenuti complessi, promuovere nuove forme di interazione e coinvolgimento, nel rispetto della pluralità di voci e sguardi che caratterizza ogni patrimonio.
Dalla radio-guida degli anni ‘50 al percorso su misura: AI e approccio costruttivista
Nel 1952, il direttore dello Stedelijk Museum di Amsterdam, Willem Sandberg, ideò un sistema rivoluzionario per l’epoca: una radio-guida che utilizzava apparecchi acustici Philips modificati per trasmettere una voce-guida a tutti i visitatori contemporaneamente. Il risultato? Un curioso effetto coreografico: i visitatori si voltavano, avanzavano e si fermavano all’unisono, seguendo le indicazioni trasmesse («guardate qui», «spostatevi là») come un gruppo di ballerini inconsapevoli, protagonisti di una visita sincronizzata. Era un primo esperimento di mediazione tecnologica, in un’epoca in cui l’interpretazione del patrimonio cominciava appena a dialogare con l’innovazione. Oggi siamo lontani da quel modello “unico per tutti”. Secondo il pensiero costruttivista, infatti, le persone costruiscono attivamente significati a partire dalle proprie esperienze, conoscenze e vissuti. E qui l’Intelligenza Artificiale, con la sua capacità di apprendere e adattarsi, può diventare una preziosa alleata. Immaginiamo una persona che entra in un museo e riceve suggerimenti personalizzati in base ai propri interessi, al tempo che ha a disposizione o al tipo di esperienza emotiva che desidera: contemplativa, stimolante, divertente. Non si tratta di automatizzare l’esperienza, ma di creare condizioni più flessibili e inclusive, in cui ciascun visitatore possa sentirsi co-autore del proprio percorso. Anche chi non ha alcuna competenza pregressa sul tema può vivere un incontro significativo con il patrimonio, perché l’AI può mediare, tradurre, proporre alternative, facilitare l’accesso.
Dalla voce uguale per tutti alla molteplicità di voci possibili: è questo il salto di paradigma che l’AI, se ben progettata, può aiutare a compiere.
AI predittiva e conversazionale: il caso del Nerone Bot
In principio era l’AI predittiva, e l’AI predittiva era presso l’uomo, e l’AI predittiva era utile.
Tutto era calcolo, pattern, suggerimento.
Perdonate lo spunto biblico, ma per qualcuno come me che già lavorava con questo strumento, il passaggio all’intelligenza artificiale generativa è stato come osservare il Big Bang dalla finestra: il silenzio dell’ordinato cosmos predittivo, in cui il comportamento della macchina era predefinito in fogli excel sorprendentemente colorati, è stato improvvisamente scosso da un caos generativo personalmente inimmaginabile. Prima tutto aveva un senso, poi anche le teiere (no, le caffettiere, in onore della dottoressa Vaio 😉 hanno iniziato a recitare poesie… ma che dico, addirittura a comporle!).
Ma facciamo un passo indietro, perché possiate capire la portata di questo passaggio epocale. Per quanto riguarda l’AI predittiva, l’esempio a me più caro (full disclosure, facevo parte del team che l’ha sviluppato!) è il chatbot NeroBot, del Parco archeologico del Colosseo. Si tratta di un assistente virtuale che, attraverso l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP, cioè Natural Language Processing), risponde a domande frequenti dei visitatori su orari, attività, itinerari. La particolarità? Lo fa assumendo l’identità dell’imperatore Nerone, che abbiamo immaginato noi, insieme alle archeologhe del Colosseo, come un personaggio altezzoso e piuttosto criticone (diciamolo, un rompiscatole), ma con ironia.
Il sistema non “capisce” in senso umano, ma riconosce modelli ricorrenti nei dati (domande più frequenti, bisogni espressi via mail o social) e li abbina a risposte mirate che abbiamo certosinamente predisposto in fase di sviluppo. Se non trova una risposta tra quelle formulate, la richiesta passa a un operatore umano.
L’AI generativa: tra co-creazione e accessibilità
Ma poi l’AI si fece generativa,
e venne ad abitare tra noi — con le sue allucinazioni, le sue risposte poetiche, i suoi errori affascinanti.
La nuova frontiera però, come si diceva, è quella dell’AI generativa, ovvero sistemi in grado di produrre contenuti originali – testi, immagini, musica – a partire da esempi o istruzioni. ChatGPT, DALL·E o Midjourney sono tra gli strumenti più noti, ma le applicazioni culturali stanno crescendo.
Ecco alcuni casi ispiratori:
- Al Munch Museum di Oslo, i visitatori sperimentano il disegno creativo con un’AI addestrata sullo stile dell’artista.
- Al MIT Museum, si possono comporre poesie in dialogo con un modello poetico addestrato.
- Al British Museum, con il progetto The Living Museum, è possibile interagire con milioni di oggetti della collezione: non semplici descrizioni, ma vere conversazioni con le opere, rese possibili dall’analisi automatica dei dati associati.
Anche la conservazione e la valorizzazione degli archivi storici stanno beneficiando dell’AI. Ad esempio:
- Il progetto Ama Gramsci crea percorsi narrativi a partire dagli scritti digitalizzati del pensatore.
- Transkribus automatizza la trascrizione di testi storici manoscritti.
- Il Science Museum Group impiega il riconoscimento visivo per migliorare la catalogazione delle collezioni.
In Italia, AI for MUSE ha dato vita a venti “musei virtuali” tematici in cui le collezioni di otto musei si incontrano, superando le barriere fisiche e istituzionali. L’app I-MUSE consente inoltre di esplorare anche le opere normalmente conservate nei depositi, personalizzando il percorso in base all’utente.
Interpretare i personaggi storici con l’AI: i chatbot conversazionali
Tra le applicazioni più affascinanti dell’intelligenza artificiale generativa nell’ambito dell’Interpretazione del Patrimonio, ci sono i chatbot conversazionali progettati per impersonare personaggi storici. Aeternum vale Nero (predittivo), salve Vincent van Gogh e Luigi Einaudi. Non si tratta di semplici generatori di testi, ma di vere e proprie simulazioni guidate da prompt avanzati che definiscono il carattere, il linguaggio, le opinioni e i limiti del personaggio.
Anche noi stiamo lavorando a un progetto in questa direzione: un chatbot che interpreta una figura storica molto nota del secolo scorso. Non siamo ancora pronti a condividere i dettagli, ma l’obiettivo è proprio quello di offrire uno strumento capace di mediare contenuti storici e letterari complessi, in modo coinvolgente e coerente con la personalità del personaggio.
Dal punto di vista tecnico, questi chatbot funzionano grazie a un prompt strutturato, una sorta di “sceneggiatura invisibile” che istruisce l’intelligenza artificiale su che tono di voce usare, quali argomenti trattare o evitare, quali emozioni trasmettere e persino quali eventi storici conoscere. Per esempio, se il chatbot interpreta un personaggio morto nel 1924, è possibile specificare che non deve conoscere nulla di ciò che è avvenuto dopo quella data, per mantenere la coerenza storica della conversazione.
Ma quali sono i vantaggi di uno strumento simile in un contesto culturale?
- Interazione personalizzata: ogni visitatore può porre domande diverse e ricevere risposte su misura, creando un’esperienza unica e coinvolgente.
- Coinvolgimento emotivo: dialogare con un “personaggio in carne e ossa” stimola la curiosità e favorisce una connessione più empatica con il passato.
- Accessibilità cognitiva: il linguaggio può essere adattato a diversi livelli di comprensione, a diverse lingue, rendendo i contenuti più accessibili a un pubblico ampio.
- Approccio costruttivista: l’interazione con il chatbot permette di costruire attivamente significato, secondo uno dei principi chiave dell’Interpretazione del Patrimonio.
Certo, l’uso di chatbot storici solleva anche questioni di accuratezza, trasparenza e rispetto delle fonti. Ma se progettati con cura, molta cura, possono diventare potenti mediatori culturali, capaci di attivare conversazioni significative tra passato e presente.
Accessibilità, multilinguismo e inclusione
Uno dei contributi più preziosi dell’AI riguarda l’accessibilità:
- Il chatbot IRIS+ del Museum of Tomorrow di Rio de Janeiro offre traduzioni simultanee nella lingua dei segni e audio descrizioni personalizzate.
- L’app italiana amuseapp genera automaticamente testi e contenuti audio in 30 lingue, facilitando l’inclusione dei pubblici internazionali.
Tutte queste innovazioni ci ricordano che l’inclusività – uno dei valori cardine dell’Interpretazione del Patrimonio – può essere sostenuta anche dalla tecnologia, se usata con attenzione.
Le sfide: dati, competenze, visione
Naturalmente, non mancano le criticità. I sistemi di AI apprendono da dati: se i dati sono incompleti o distorti, anche l’AI restituirà risposte parziali o errate. È il problema dei bias algoritmici, che possono replicare disuguaglianze esistenti, o – nel caso del patrimonio – alimentare un immaginario culturale etnocentrico, basato su dati prevalentemente eurocentrici o nordamericani.
A ciò si aggiunge il rischio della “scatola nera”: algoritmi opachi, che prendono decisioni senza che sia chiaro come o perché. In un ambito come quello culturale, dove il contesto e la responsabilità sono tutto, è essenziale mantenere il controllo umano su questi processi.
Inoltre, serve una visione strategica: adottare l’AI non significa semplicemente comprare software, ma ripensare ruoli, competenze, flussi di lavoro. Senza una governance chiara, l’innovazione rischia di rimanere sterile.
L’AI non sostituisce: accompagna
Tornando a Tilden, che metteva in guardia dall’abuso di gadget tecnologici, possiamo dire che l’AI – come ogni strumento – ha senso solo se integrata in una visione interpretativa consapevole.
L’AI può:
- aiutare a scoprire connessioni tra oggetti e storie,
- stimolare la partecipazione attiva del pubblico,
- sostenere l’inclusione linguistica e sensoriale,
- favorire una gestione più intelligente delle risorse.
Ma non può sostituire il lavoro degli educatori, dei curatori, degli interpreti. Al contrario: ha bisogno di loro! Per essere efficace, l’AI deve essere alimentata da competenze, sensibilità, visione. Solo così può diventare davvero un alleato al servizio dell’umanità e del patrimonio che ci accomuna.
Bibliografia:
- “Parla con Nerone”. Il nuovo chatbot del Parco archeologico del Colosseo. (Video YouTube) Canale “Parco Colosseo”
- Murphy, O., & Villaespesa, E. (2020). AI: A Museum Planning Toolkit. Goldsmiths, University of London
- Politecnico di Torino. (2023, 15 settembre). AI for MUSE: intelligenza artificiale e realtà virtuale al servizio dei musei
- Museums + Heritage. (2024, 14 ottobre). AI project allows for ‘chat’ with British Museum objects
- AI-Museums. (S.d.). Artificial Intelligence and Museums
- MuseumNext. (2024, 12 giugno). Artificial Intelligence Museum Audio Guide: AI Revolution at the Smithsonian American Art Museum.
- Dagenais, F. (S.d.). Artificial intelligence in museums: three Transkribus case studies. (Articolo di blog su Transkribus)
- amuseapp. (S.d.). Come l’Intelligenza Artificiale sta Rivoluzionando l’Industria dei Musei
- Pasikowska-Schnass, M., & Lim, Y.S. (2023). Artificial intelligence in the context of cultural heritage and museums: Complex challenges and new opportunities. European Parliamentary Research Service (EPRS)
- Interpretazione del Patrimonio. (S.d.). Benvenuti in Interpretazione del Patrimonio
- Styx, L. (2024, 12 maggio). How Are Museums Using Artificial Intelligence?. MuseumNext
- ICOM Italia. (2023, 11 maggio). I Giovedì di ICOM Italia | Intelligenza Artificiale per i Musei: chimera o risorsa?. (Video YouTube)
- Ag|Cult. (S.d.). IA, D’Eredità: il chatbot Nerone accompagna i visitatori del Colosseo. (Video YouTube)
- Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano. (2025, Giugno). Innovazione digitale: cresce l’interesse di musei e teatri. (Comunicato stampa)
- Tilden, F. (S.d.). Interpreting Our Heritage. Google Libri
- Maccaferri, A. (2025, 30 maggio). Il museo esplora l’intelligenza artificiale tra dati e creatività. (Articolo da Il Sole 24 Ore, citato in “Musei e intelligenza artificiale.pdf”)
- Fornasari, F. (2024, 18 settembre). AI generative nei musei: verso un’esperienza culturale inclusiva e accessibile. AgendaDigitale.eu
- Feliciati, P., & Di Marcantonio, G. (2023, aprile). RA05 Phase 1 – Report: Users’ approaches and behaviors in accessing records and archives in the perspective of AI: a global user study Phase 1 – Italian study. (Rapporto di ricerca InterPARES Trust AI)
- Sarita. (2024, 27 gennaio). AI 4 Museums: Enhancing the museum experience with Artificial Intelligence. Medium (Design Bootcamp)
Nota sull’uso dell’Intelligenza Artificiale
Per la redazione di questo articolo sono stati utilizzati strumenti di intelligenza artificiale come NotebookLM e ChatGPT, impiegati come supporto alla scrittura e alla rielaborazione dei contenuti. NotebookLM ha funzionato come ambiente di lavoro per organizzare, sintetizzare e confrontare le fonti, mentre ChatGPT è stato utilizzato per rifinire formulazioni, sviluppare metafore e testare l’efficacia comunicativa di alcuni passaggi. In entrambi i casi, l’AI non è stata una fonte di contenuti, ma un alleato nel processo creativo e redazionale, sempre guidato da scelte autoriali consapevoli.
Articolo di Cristina Locatelli
Laureata in Conservazione dei Beni Culturali, Cristina si è specializzata in Educaciò del Patrimoni Cultural i Natural e in Art and Culture Management. Ha lavorato come Interprete del Patrimonio in Spagna, per Fundaciò Dalì e per il Museu del Cinema di Girona, e poi in Inghilterra, per Tate Modern e Tate Britain. Dopo aver approfondito l’Heritage Interpretation in ambito accademico (University of Exeter), nel 2018
Cristina è rientrata in Italia, dove lavora come consulente per Machineria creando contenuti digitali per istituzioni di gestione del patrimonio.
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